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Non siamo tutti uguali
Scritto da Fossati Renata   

Non siamo tutti uguali

 

I cani non sono tutti uguali.

Tra le varie razze, la visione del mondo, a volte, è agli antipodi dato che gli stimoli che provengono dall'ambiente sono valutati dai cani utilizzando " strumenti" che risiedono originariamente nelle aree cerebrali e successivamente plasmati in maniera parziale o addirittura invasiva dall'ambiente cioè dall'uomo.

Suddividendo in maniera plastica il cervello del cane tra istinto e intelligenza si può affermare che la possibilità ( concessa dall'uomo) di adattamento e la confidenza ambientale posti alla base dell'educazione, prima, e dell'addestramento poi, siano in grado di rendere il soggetto più facilmente inseribile nella società e di ottenere da lui anche diversi servizi quale aiuto prezioso ausiliario.

Al contrario, la deprivazione di questa opportunità di crescita  sociale e intellettiva portano ad un disadattamento e conseguentemente ad un disagio sia per il cane stesso che per l'ambiente in cui vive.

Le reazioni dei cani al disadattamento sociale e intellettivo sono espresse in innumerevoli variabili che possono essere riassunte attraverso parametri contrapposti tra loro; reattività vs passività; aggressione vs fuga; distruzione vs depressione.

Istinto e intelligenza rivestono un ruolo determinante nella formazione del carattere, anche a ruoli invertiti di prevalenza laddove la selezione tende a fissare aspetti inerenti al comportamento istintuale e l'ambiente tende a modellare le capacità cognitive.

Un recente e complesso studio pubblicato sul Giornale delle Neuroscienze ha esaminato la " pressione selettiva" sulla struttura del cervello analizzando le scansioni di risonanza magnetica su 33 razze canine.

Erin Hecth e colleghi della Society for Neuroscienze hanno studiato gli effetti di quanta pressione selettiva rilevando che la struttura del cervello del cane varia tra le diverse razze ed è correlata a comportamenti specifici. Risultati che dimostrano come, allevamento e selezionando attraverso le funzioni originarie, l'uomo abbia avuto un ruolo determinante nel " modellare" il cervello dei cani.

Lo studio ha dimostrato che la struttura cerebrale dei cani è ampiamente variabile e non semplicemente correlata alla dimensione del corpo o alla forma della testa.

Il team ha quindi esaminato le aree del cervello con la maggior variazione tra le razze. Questo ha portato a generare mappe di 6 reti cerebrali anatomicamente differenti, con funzioni che variano dal legame sociale al movimento, e che sono anche apparse diverse a seconda delle peculiarità delle caratteristiche di razza.

La rilevanza della ricerca, unica nel suo genere per le scoperte ottenute, offre un'occasione per una riflessione che all'origine può sembrare banale: tutti i cinofili conoscono la differenza morfologica e caratteriale che passa tra una cane da difesa e uno da caccia o da compagnia ma l'essenza dello studio sta nelle 6 reti cerebrali che possono determinare un comportamento.

Per semplificare, un Samoiedo cresciuto in un ambiente estremo e gelido dove l'estraneo non esisteva, non ha sviluppato l'istinto di guardia ed ha imparato che gli umani sono, in generale persone amiche. Al contrario i cani definiti da " guardia e difesa" hanno sviluppato la vigilanza e la protezione nei confronti dell'ambiente in cui si trovano a vivere.

Ora che la scienza ha messo nero su bianco queste variabili , queste differenze che influenzano il comportamento andrebbero valutate attentamente sotto il profilo selettivo al fine di produrre soggetti equilibrati  e adatti al compito per cui sono stati selezionati.

Questo ci riporta a monte una riflessione tra istinto e intelligenza ed al ruolo che gli umani hanno nel plasmare le potenzialità dei cani, è interessante  osservare una serie di ricerche pubblicate di recente che sottolineano la capacità cognitiva dei cani, la sensibilità della loro sfera emotiva e di quanto sia stata erroneamente sopravvalutata la figura del " capobranco" arrivando a definirlo un" falso mito".

Il Jurnal veterinary Behavior che trattava direttamente di questo problema ha pubblicato lo studio di due ricercatrici francesi, che hanno voluto testare due stili di addestramento: il metodo cognitivo basato sul rinforzo positivo e il metodo comportamentalista, basato principalmente sul rinforzo negativo. Sono state valutate 26 coppie addestrate valutando il metodo comportamentalista e 24 coppie con il metodo cognitivo.

L'attenzione delle ricercatrici si è concentrata sui segnali di stress che i cani manifestavano durante l'addestramento quali; leccarsi le labbra, sbadigliare,grattarsi, annusare per terra, tremare, lamentarsi,avere posture basse,tentativi di fuga,....

I risultati hanno dimostrato che il 65% dei cani addestrati a livello disciplinare mostrava almeno un segnale di stress, rispetto solo all' 8% dei cani in addestramento positivo.

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Ora che la scienza ha dimostrato che le aree cerebrali  dei cani sono differenti tra di loro e possono influenzare il comportamento, c'è da augurarsi che questi esiti siano utilizzati da tutti gli operatori del settore in maniera etica tale da chiedere ai cani solo ciò che sono in grado di fare.

 

Non siamo tutti uguali 2.

 

 

 

 

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