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Cinofilia: tutela delle razze o solo opportunismo?

Veronesi Simona

 

Non amo molto fare polemica sui modi e le scelte che governano la cinofilia in Italia e per questo, anche in questi anni, non mi sono mai permessa di esprimere, tanto meno per iscritto, critiche a riguardo di Club o altri allevatori, ma, dopo alcuni avvenimenti, ho voluto far sentire anche io la mia voce a riguardo.

Ho avuto la fortuna di imparare da un caro amico, allevatore di tutt'altra razza ma che mi onoro di conoscere bene, di averne condiviso le idee e apprezzato il coraggio delle scelte, che a volte esprimere critiche e combattere lo stato di cose esistenti nel nostro mondo, aiuta non tanto noi quanto la sopravvivenza e la prospettiva delle razze stesse alle quali dedichiamo tempo e passione.

A tal proposito, quello che penso è riferito alla razza Hovawart .

Non nego che la mia critica sia pesante: mi pare che sia il Club che molto persone che ruotano attorno ad esso, continuino a dimostrare di aver scelto di guardare ai propri interessi personali più che al bene della razza.

A questo proposito cito un esempio, l'ultimo di una serie che peraltro già mi aveva fatto considerare poco credibili alcuni esponenti del Club anche per la scarsa serietà dimostrata sulle approvazioni di alcuni "falsi" contenuti nei siti internet di propaganda degli allevatori, anzichè tutelare la razza stessa, i soci, e i futuri proprietari: ho avuto modo di leggere pochi giorni fa che un particolare allevamento (di cui non faccio il nome anche per rispetto dei titolari) viene considerato "uno dei più qualificati e importanti allevamenti d’ Italia di Hovawart da lavoro....".

Mi permetto di sottilneare alcune cose: intanto un allevamento deve produrre cani e questo mi pare che, nel caso specifico, non accada; inoltre, se fosse il più importante per i cani da lavoro, dovrebbe PRODURRE CANI CON IL PROPRIO AFFISSO O CON IL PROPRIO NOME DI ALLEVATORE specificato sul certificato LOI che dimostri la vittoria o il superamento delle prove ufficiali di lavoro.

A compimento del già inconprensibile pressapochismo di giudizio, lo stesso allevamento viene inserito nelle pagine degli allevatori del sito del Club Ufficiale, quando mai risulta allevata una cucciolata.

Anche in questo caso, scelte così opportunistiche per pochi finiranno per portare all'allontanamento da questo ambiente da parte di allevatori seri (sempre meno considerati), soci e onesti collaboratori di lavoro.

So che queste mie considerazioni verrano vendute, da chi si sentirà punto nel vivo, come lo sfogo rancoroso di una socia allontanata dal CLUB, ma vorrei si sapesse che invece, pur non avendone nostalgia, il mio intento rimane quello di poter contribuire a far riflettere i tanti, seri, responsabili del CLUB sulla prospettiva, destinata al declino, di una razza e di una associazione malgestita e in pieno marasma.

Mi pare che la conseguenza di ciò sia già sotto gli occhi di tutti: perchè una razza che meriterebbe di essere incentivata, promossa, diffusa, si limita a produrre solo 150 cani all’anno (numeri ridicoli)?

Perché ci sono così pochi Soci iscritti ad un Club che , visti i numeri, potrebbe essere considerato una “ grande famiglia”? Credo che cominciare a farsi queste domande sia un obbligo per chi, nel CLUB, occupa posizioni di responsabilità.

Ad oggi, tutto ciò che si lascia intravedere è che il lavoro dell’associazione è concentrato sull'inserimento di sempre più prove di lavoro, in un momento in cui l'Enci invece tende a cancellare qualsiasi attività che porti al solo sviluppo dell’aggressività nel cane (e su questo argomento mi piacerebbe poter tornare un giorno a ragionare..).

Mi pare che ciò non basti a costruire la serietà di un CLUB e di chi lo dirige.

Non amo vantarmi con ragionamenti del tipo..."lei non sa chi sono io", ma con molta modestia vorrei ricordare a chi legge che gli unici cani nati in Italia con il brevetto SchH o IPO, sono quelli provenienti dall'allevamento Abete Bianco, di cui io sono la titolare; i primi CAL2 sono stati ottenuti anche da cani dell’Abete Bianco ( e diretti discendenti) , e i primi cani che hanno ottenuto i brevetti di lavoro in Italia, sono stati acquistati dall’Abete Bianco.

Mi sembra onesto ricordarlo.

Concludo con una amara considerazione: produrre cani al solo scopo di "vendere" spasmodicamente, anche con un utilizzo esasperato delle fattrici come spesso accade che di certo è controproducente sia per la razza che per l'animale stesso (anche su questo sarebbe necessaria una seria riflessione e un ampia discussione), negare la possibilità di critica alla gestione, fino ad arrivare ad incutere il timore di allontanamento dal Club di chi la pratica, non porterà da nessuna parte se non alla lenta scomparsa del Club stesso e all'impoverimento della razza.

Rinnovo, anche se so che non verrà considerata, il mio diritto alla critica e non per rabbia o rancore: paradossalmente (forse) il mio allontanamento dal club non ha portato a drammatiche conseguenze. I miei cuccioli continuano ad essere ceduti a proprietari che vengono costantemente seguiti da persone aggiornate e preparate, il mio allevamento organizza eventi per la loro educazione, la gestione e la salute, continua a funzionare un servizio di pensione dell'animale, dell'educazione e dell'addestramento, tentiamo come allevamento di continuare ad analizzare i problemi ed i "mali" della razza anche grazie ad una seria e costante collaborazione con l’Università Veterinaria di Parma, che forse non ci consentirà di diventare "il più grande allevamento..." ma certamente quello più attento e volenteroso di apprendere quanto necessario per consentire il pieno rispetto della tutela e dello sviluppo di una razza, anche dal punto di vista etico e morale dovuto a qualsivoglia essere vivente.

Lascio ai lettori il giudizio su tutte queste mie considerazioni e spero che il Club e l’Enci traggono da queste mie, spunti di riflessione e di meditazione.

Chiudo con una massima presa in prestito...:"gli uomini (e le donne) sono quello che fanno, non quello che dicono."

Io continuerò a fare.

Simona Veronesi

 

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